
Gli psicologi non sognano più?
L’epoca delle idee è finita, dicono alcuni. Gli psicologi non hanno più niente da chiedere.
Ma è vero che c’è più spazio per migliorare la nostra professione?
A poco più di 24 ore dalla chiusura dei seggi della maggior parte degli Ordini Psicologi regionali, io dico di no a questa idea. C'è molto da fare per chi vincerà.
di Mauro Grimoldi
Io, perlomeno, non ci sto e non ci credo. Credo che molti si siano abituati a non pensare, o a dare per scontato che "tutto il reale sia razionale". Il che non significa che i problemi siano spariti, o che la psicologia italiana non abbia margini di miglioramento. Anzi.
E allora vi dico per chi voto io, ma vi dico anche che cosa vorrei votare. Io voto per AltraPsicologia, perché rappresenta la mia storia di vita, perché quell’aggregazione è nata da princìpi, convinzioni e idee, e perché ci sono persone che ci hanno creduto e ancora ci credono, da anni. Io tra questi.
Ma per cosa, invece, votare? Perché io, psicologo, dovrei aprire lo sguardo a una visione grandangolare e mettere un segno su quella scheda?
Primo. La deontologia: un pasticcio italiano.
Il rapporto tra etica e professione ha visto proprio lo scorso anno uno dei suoi momenti peggiori, con l’approvazione di un codice deontologico passato “de sfroos”, come si dice da queste parti, che era ed è forse la peggiore revisione che si potesse concepire e che per ventura è stata cassata in extremis dal TAR, facendone, per fortuna, un'innocua (ma costosa) cartaccia. Meglio, molto: l’unico codice deontologico di psicologi di un paese occidentale in cui non è più esplicitato il principio di non discriminazione, che è stato inspiegabilmente tolto dall’articolo 4. L’articolo 21 è diventato quasi un invito a fare il peggiore mercimonio possibile dell’insegnamento di strumenti e tecniche psicologiche anche a chi svolga abusivamente la nostra professione. E il segreto professionale? Era stato trasformato in un'incomprensibile princìpio astratto nella stessa formulazione del Codice, perché proprio non si capiva quando si potesse e si dovesse rispettare. E molto altro. Ci vorrà pazienza e competenza, vera, per mettere al centro ciò che c’è di buono e ciò che vi è di migliorabile nel nostro Codice. Poi si tratterà di applicarlo, con una nuova sfida, con la mitica innovazione delle commissioni etiche esterne, che rischiano, ce lo vogliamo dire, di diventare l'ennesima prebenda, un ringraziamento agli amici e ai sostenitori, lasciando a casa quel manipolo di colleghi che davvero ne sanno, non più di una decina in totale. Ci vorrà senso etico. Ce ne è in giro?
Secondo. La tutela. Tante parole, pochissimi fatti.
Chi si presenta, sia che abbia già governato sia che non l’abbia ancora fatto ci dica esattamente, al di là di discorsi fumosi, cosa intende fare per aiutare i cittadini a difendersi dal fenomeno dilagante dell’esercizio abusivo di professione psicologica. Perché molti Ordini regionali in questi anni non hanno fatto, diciamocelo, assolutamente nulla. Non hanno in particolare affiancato i cittadini a difendersi, molti in un quadriennio non si sono costituiti mai, neppure una volta parte civile in procedimenti ex art 348, né hanno aperto procedimenti per art. 8 e 21 C.D. In questo campo le parole stanno a zero. E il problema è lì, tutt’altro che risolto.
Terzo. Il nuovo mondo.
Un’enorme straripante comunità di giovani e meno giovani colleghi lavora, legittimamente, per le piattaforme online di psicologia e psicoterapia. Con quale prospettiva? L’Ordine intende occuparsene? Lasciando la parola al mercato, come ha fato finora? O, perfino peggio, illudendosi di poter ostacolare, sotto il vessillo della paura del nuovo, una realtà che inevitabilmente è qui per restare? C’è da fare sul punto, seriamente, e io penso sul piano dell'apertura di un dialogo aperto e costante.
Quarto. Molti altri argomenti.
Abbiamo un sistema di formazione permanente con crediti ECM che è oggi mero commercio di crediti formativi.
La psicologia di base ha senso se e solo se può essere un'occasione per creare una nuova generazione di psicologi che si impegnano in un’attività ad alta rilevanza sociale: è ancora, in molti territori, una bella chimera annunciata. In altri è già un’occasione perduta a causa di leggi regionali miopi.
E la psicologia scolastica? E’ sempre più indispensabile, ma ancora priva di una normativa a livello nazionale che ne stabilisca l’obbligatorietà e le modalità di attuazione, al di là dei buoni propositi per l'anno nuovo di qualche illuminato Dirigente Scolastico.
Senza dimenticare, sempre a livello nazionale, l’esigenza imperativa di modificare la disciplina delle specializzazioni, che ormai non possono certo più limitarsi alla psicoterapia ma che necessitano di un importante ampliamento quantomeno sui versanti della psicologia forense e della neuropsicologia. Che sono competenze che richiedono una formazione specialistica lunga e approfondita quanto la psicoterapia.
Questo è quanto.
Da psicologo non candidato, ho solo da formulare un augurio a chi vincerà. Sappiate evitare la demagogia. Sappiate sognare. Sappiate trovare dell'etica nell'esercizio della cosa pubblica. Sappiate ribellarvi a ciò che non va.
Aiutateci a ricostruire una dimensione narrativa, una vera e propria storia che dia senso alla nostra professione e a un nuovo modo di essere nel mondo, una reverie intorno all'atto della cura.
In ogni caso, auguri a chi ci sarà.